PREMESSA:
Lungi da me scrivere un articolo di condanna o polemico. Non è un articolo in cui entro nel merito delle scelte altrui, ognuno è libero di seguire la dieta che preferisce.
Sarà il primo di due articoli che mi serviranno da introduzione ad un terzo in cui parlerò di un Master a cui ho partecipato come tutor.
Le diete vegetariane stanno guadagnando consensi anche in quelle aree del mondo dove la disponibilità alimentare non imporrebbe scelte obbligate di esclusione verso determinati alimenti. Chi diventa vegetariano per scelta (nelle sue diverse declinazioni che più in là spiegherò) non segue solo convinzioni etiche, ecologiche, religiose, ma ritiene comunque di salvaguardare il proprio stato di benessere e salute.
Per questo motivo la ricerca nutrizionale valuta da tempo gli effettivi benefici o rischi di una adesione costante a una scelta alimentare non dettata da necessità mediche specifiche in virtù del mantenimento dello stato di salute a lungo termine. Le analisi si focalizzano soprattutto sulla possibile riduzione del rischio di malattie cronico-degenerative: cardiovascolari, metaboliche e oncologiche.
UN PO’ DI STORIA1
La Dieta vegetariana si riconosce in modelli alimentari che escludono completamente o in parte gli alimenti animali (carne e pesce) ed i prodotti di loro derivazione.
Il vegetarismo nasce come dottrina religiosa nel VII secolo a.C. nell’Asia Minore con lo sviluppo dello Zoroastrismo2. In India si sviluppa per la nascita del Buddismo nel VI secolo a.C. E nel V e IV secolo è praticato anche nella Magna Grecia, grazie a Platone e Pitagora.
Anche l’Italia vanta diversi famosi artisti del passato fino ai giorni nostri che seguirono la via della dieta vegetariana come filosofia di vita (Da Vinci, Tolstoj, Voltaire..).
Le motivazioni che portano alla scelta del vegetarismo sono ricondotte sempre ad una religione o alla filosofia e mai a basi scientifiche. Anche gli ispiratori della dieta vegetariana moderna (del XVIII e XIX secolo) basarono le scelte su modelli morali e metafisici.
Le motivazioni moderne spaziano invece tra:
• Etiche: rispetto della vita e non violenza
• Ecologiche: rispetto dell’ambiente e della vita animale
• Salutistiche: mangiare molti vegetali previene molte patologie
• Economiche: il costo di una dieta vegetariana è inferiore a quella onnivora
• Moda: soprattutto negli ultimi anni, molti decidono di mangiare vegetariano perché fa chic.
DIAMO I NUMERI…
I vegetariani nel mondo sono in continuo aumento, l’EURISPES stima che nel 2050 saranno il 50% della popolazione mondiale, e solo in Italia saranno circa 30.000 milioni.
Attualmente, nel mondo, lo stato con maggiore presenza di vegetariani è l’India (20% circa), in Europa è il Regno Unito con la maggiore incidenza (7-10%).
I dati EURISPES danno una stima in Italia di circa il 5%.
ESISTE UN SOLO TIPO? NO!
La dieta vegetariana in generale è priva di alimenti di origine animale, con diversi modelli che ci permettono di fare una classificazione:
1. Dieta latto-ovo-vegetariana
2. Dieta latto-vegetariana
3. Dieta ovo-vegetariana
4. Vegana
5. Vegana-crudista
6. Fruttariana
7. Diete semivegetariane
La dieta latto-ovo-vegetariana esclude sia la carne che il pesce, ma ammette prodotti derivati come uova, latte e miele. E’ la dieta più diffusa e nel linguaggio comune viene erroneamente indicata come dieta vegetariana.
La dieta latto-vegetariana permette l’utilizzo solo di latte e latticini ed è la dieta più seguita nelle culture indo-asiatiche.
La dieta ovo-vegetariana ammette il solo utilizzo di uova.
La dieta vegana (vegetariana stretta o vegetariana totale) esclude tutti gli alimenti animali, compresi i derivati, ed anche i prodotti da forno preparati con strutto, latte in polvere, pasta all’uovo, brodi di carne, di pesce e miele.
La vegana crudista ammette solo il consumo di cibo non sottoposto a trattamento termico oltre il 40°C, ammette anche l’essiccamento. Da distinguere dalla crudista non vegana che ammette l’uso del latte e latticini non pastorizzati e a volte piccole quantità di carne e pesci crudi.
La dieta fruttariana contempla l’utilizzo di sola frutta fresca e secca, semi ed anche ortaggi intesi come frutti non dolci3.
Le diete semivegetariane sono definite come regimi alimentari che permettono occasionalmente l’utilizzo di carne, pesce e altri cibi animali, ma che principalmente prediligono i vegetali. Spesso la dieta semivegetariana viene utilizzata come adattamento graduale al passaggio verso una dieta vegetariana vera e propria. Tra le semivegetariane si può includere la Macrobiotica: regime alimentare che non prevede l’uso di carne o latticini, ma contempla il consumo di piccole quantità di pesce.
La dieta Macrobiotica è stata fondata dallo studente George Ohsawa e si ispira alle dottrine filosofiche orientali. E’ principalmente una filosofia di vita, utilizzata a scopo terapeutico per la cura di diverse malattie, attraverso un equilibrio di forze vitali contrapposte Yin e Yang.
La base della dieta vegetariana è costituita da cereali, legumi verdure e frutta (fresca e secca), ed in piccole quantità di latte, formaggi e uova dove ammessi. Molti di questi prodotti sono diffusi in tutto il mondo (pasta, riso, fagioli…), altri appartengono ad altri paesi e culture (soia, tofu, tempeh…).
Grazie alla globalizzazione i vegetariani oggi possono utilizzare prodotti quali: miglio, quinoa, kamut, bulgur, seitan, soia e prodotti a base di soia, alghe alimentari e semi oleaginosi di varia natura, oltre a condimenti come shogu, miso, tamari, prodotti come yogurt e latti vegetali e prodotti già pronti come gli hamburger vegetali.
L’OMS non ha mai assunto posizioni ufficiali sulle diete vegetariane: nel 2003 metteva in risalto la preoccupazione, riguardo la carenza nutrizionale (ferro, zinco, riboflavina, vitamina B12, calcio) e nel 2005, evidenziava invece, i benefici come la diminuzione della pressione arteriosa, una minore mortalità cardiovascolare, di ictus cerebri e una minore incidenza di diabete.
VANTAGGI E SVANTAGGI. COSA DICE LA RICERCA?4
La verifica di eventuali carenze, non deve essere mai sottovalutata, qualunque sia la scelta alimentare.
Il confronto tra le varie opzioni nutrizionali vegetariane, rispetto a un’alimentazione onnivora, conferma che la dieta vegana comporta una minor assunzione di proteine e grassi e una maggiore assunzione di fibre.
Se si considera l’adeguatezza dell’apporto relativo dei singoli nutrienti, l’analisi sottolinea che le altre opzioni vegetariane, più “prudenti”, hanno punteggi migliori, grazie alla progressiva minore carenza di nutrienti essenziali.
Conferma di ciò l’ha data una ricerca appena pubblicata5, che ha confrontato l’adeguatezza nutrizionale della dieta non-vegetariana e di quella vegana nella popolazione finlandese: sono state evidenziate alcune specifiche carenze nutrizionali nella popolazione a più rigoroso regime alimentare, alcune delle quali (come la carenza di vitamina D) risultano ancor più marcate in un Paese come la Finlandia, dove l’esposizione diretta alla luce solare è fortemente ridotta. Altre carenze, come quella di iodio, risultano correlate non solo alla scarsa assunzione di sale iodato, ma anche all’assenza, nella dieta vegana, del pesce.
Anche in questo studio, quindi, si mette in luce un’apparente contraddizione tra un più favorevole apparente profilo metabolico riscontrabile nei soggetti che seguono una dieta vegana, e un meno favorevole profilo nutrizionale, a meno di integrazioni adeguate.
Basandosi sul confronto tra le diverse scelte alimentari (onnivora, vegetariane e vegana), la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha stilato nel 2015 un documento dettagliato6, nel quale analizza i potenziali rischi di carenza e riassume i principi di integrazione a cui è necessario adeguare le diete vegetariane e, ancor più, quella vegana.
PROTEINE: L’APPORTO E’ ADEGUATO.
In generale l’apporto proteico dei vegetariani (nelle diverse varianti) è adeguato, anche se risulta lievemente inferiore rispetto a quello degli onnivori. Per una dieta vegana, invece, è necessario un adeguato bilanciamento. Analizzando più in dettaglio le diverse fasce d’età e condizioni, il documento SINU ci ricorda che la varietà della scelta, senza trascurare tutti i gruppi alimentari concessi (cereali, legumi, semi e frutta secca a guscio), permette a vegetariani e vegani di evitare particolari carenze, anche in gravidanza o allattamento, o se svolgono attività agonistica. Una particolare attenzione viene suggerita per gli anziani, e riguarda l’adeguatezza dei consumi in generale, perché in questa fascia d’età si tende a ridurre tutti gli apporti nutrizionali.
Sia vegetariani che vegani non devono mai dimenticare che la digeribilità delle proteine vegetali integre (da cereali in chicchi e legumi) è lievemente inferiore rispetto a quella delle proteine da fonte animale e che negli ortaggi può essere ridotta fino al 50%, per l’ostacolo all’assorbimento dovuto alla dura e resistente parete cellulare, per fattori antinutrizionali o conseguentemente a processi di trasformazione. Ottima scelta è quella di abbinare i legumi ai cereali.
CALCIO, VITAMINA D, FERRO E ZINCO
Nelle diete vegetariane o vegane, fonti di Calcio sono: legumi, frutta secca (es. mandorle) o disidratata (es.fichi) e i semi oleaginosi, oltre ad alcuni tipi di verdura ed erbe aromatiche, come salvia e rosmarino.
Una quota importante di calcio è apportata da latte e latticini (per chi li include). Per tutti, un’ottima fonte è rappresentata dalle acque minerali ricche di calcio (fino a 300 mg/l).
Tra le verdure, bisogna ricordare che spinaci, biete e foglie di rapa contengono molti ossalati, che riducono drasticamente la biodisponibilità del minerale.
Ecco perché i soggetti a maggior rischio di carenza di calcio, rispetto agli onnivori, sono i vegani.
Per quanto riguarda la vitamina D, è noto che l’alimentazione gioca un ruolo marginale nel mantenerne adeguati i livelli e che la sintesi endogena, stimolata dall’esposizione ai raggi UV, è la principale responsabile.
Il ferro contenuto nei cereali, nelle verdure, nella frutta, nei tuberi è in una forma particolare, la forma non-eme, la cui biodisponibilità è inferiore di almeno un terzo rispetto a quella del ferro eme contenuto nelle carni. L’assorbimento del Ferro in una dieta vegetariana è compreso tra il 5 e il 12% della quota complessiva assunta con gli alimenti. La dieta onnivora permette invece un tasso di assorbimento del ferro tra il 14 e il 18%. I vegetariani adulti, infatti, presentano minori riserve di ferro rispetto agli onnivori, nonostante i livelli di ferritina (generalmente considerata un indicatore dei depositi endogeni del minerale) siano sovrapponibili. Su questo, il documento SINU è molto categorico affermando che chi segue un’alimentazione priva di alimenti di origine animale deve aumentare dell’80% l’assunzione di ferro, affiancando alla scelta di cibi che ne sono naturalmente ricchi (cacao e cioccolato fondente, semi di sesamo, lenticchie, piselli e fagioli secchi, lievito di birra, farina di soia, noci, mandorle, nocciole, quinoa, albicocche, fichi e prugne secche, muesli), alcuni accorgimenti:
• consumare molta frutta e verdura ricche di vitamina C, che aumenta l’assorbimento del ferro favorendo la conversione da Fe3 a Fe2 : arance, limoni, mandarini, fragole, kiwi, pompelmi, peperoni, pomodori;
• attivare le fitasi (enzimi in grado di idrolizzare i fitati, complessi che riducono la disponibilità dei minerali) endogene, attraverso la preparazione dei cibi per macinazione, fermentazione, ammollo e germinazione di cereali e legumi e la lievitazione acida di pani;
• assumere alimenti fortificati (a iniziare dai cereali per la prima colazione)
• valutare con il proprio medico curante o nutrizionista l’opportunità di un’integrazione.
Onnivori e vegetariani hanno livelli di assunzione di Zinco simili, tuttavia l’assorbimento nei primi raggiunge il 35% della quota totale assunta con gli alimenti, mentre nei secondi, non supera il 26%. Per ovviare all’eventuale carenza, il consiglio della SINU è duplice, come nel caso del ferro: consumare cibi ricchi di zinco (frutta secca, soprattutto anacardi e noci pecan, formaggi per chi li include, legumi, cereali, carote, ceci, semi di zucca, cereali integrali, muesli, lievito alimentare) e non far mancare mai acido citrico (contenuto nella frutta) e acido malico (presente nelle brassicacee: broccoli, cavoli ecc.), che ne aumentano l’assorbimento.
ACIDO ALFA LONOLEICO, EPA E DHA
Acido alfa-linolenico (ALA), acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA) sono gli acidi grassi omega-3 di cui è necessario tenere sotto controllo sia l’apporto che i livelli nei soggetti che seguono una dieta vegetariana (che non contepla il pesce) e vegana.
L’ALA è un grasso essenziale, non viene cioè prodotto dall’organismo e deve essere introdotto con la dieta. EPA e DHA non vengono sintetizzati in quantità soddisfacenti a partire da ALA: è quindi indispensabile che vengano assunti preformati con gli alimenti che ne sono ricchi.
L’alimentazione onnivora che rispetti un adeguato apporto di pesce, garantisce livelli circolanti di omega-3 superiori rispetto alle diete vegetariane e vegana. Vegetariani che non consumano pesce e vegani possono assicurare una quota adeguata di ALA, privilegiando il consumo di noci, semi di lino e di chia e di oli derivati. E’ consigliabile inoltre aumentare l’assunzione di proteine, di biotina, di calcio, rame, magnesio, zinco, che favoriscono la sintesi di EPA e DHA a partire da ALA. Infine, per i soggetti vegetariani e vegani con un aumentato fabbisogno, sono disponibili integratori di omega-3 da fonti non animali (microalghe).
ATTENZIONE AI LIVELLI DI VITAMINA B12!!!
La carenza di vitamina B12 non deve essere invece mai trascurata nella dieta dei vegetariani e, soprattutto, dei vegani. Infatti, a seconda della scelta alimentare operata, l’esclusione di alimenti che contengono vitamina B12 metabolicamente utilizzabile porta, nel tempo, a manifestare forti carenze. Negli studi sulla correlazione tra scelte alimentari e depositi di B12 emerge che il rischio di carenza è maggiore nei latto-ovo-vegetariani rispetto agli onnivori e ancora di più nei vegani.
La vitamina B12 è indispensabile per la sintesi degli acidi nucleici, la formazione dei globuli rossi, il metabolismo di proteine e grassi, la funzionalità del sistema nervoso centrale e periferico.
Segni e sintomi della carenza di B12 sono ben noti: stanchezza, mancanza di energia, pallore sottendono uno stato anemico; irritabilità, cefalea, depressione, fino a difficoltà di concentrazione e memoria, o disturbi del sonno, sono altre manifestazioni associabili a carenza di vitamina B12 man mano più marcata. Anche la salute delle ossa può essere coinvolta.
La SINU sottolinea che i prodotti fermentati a base di soia non possono essere considerati fonti affidabili di vitamina B12 attiva, mentre, per chi segue diete vegetariane, buone fonti di vitamina B12 sono latticini, uova e alimenti fortificati (bevande fortificate di soia, o di riso, e alcuni cereali per colazione).
La raccomandazione è perciò quella di non sottovalutare mai lo stato della vitamina B12 non solo nei vegani, ma anche nei vegetariani, provvedendo all’integrazione se necessaria, con formulazioni sublinguali (preferibili rispetto alle compresse) e, nei bambini, con formulazioni in gocce.
NOTE E BIBLIOGRAFIA
1. Worton J.C. “Historical development of vegetarianism”, Am. Clin. Nutr. 1994;59 suppl.:1103S-9S
2. Lo Zoroastrismo (definito anche Zoroastrianesimo o Mazdeismo) è una religione e filosofia basata sugli insegnamenti del profeta Zarathuštra (o Zoroastro) ed è stata in passato la religione più diffusa dell'Asia. Fu fondata prima del VI secolo a.C. nell'antica Persia (attuale Iran).
3. Ad esempio il pomodoro, botanicamente parlando, è un frutto non un ortaggio anche se consumato come tale.
4. Clarys P, Deliens T, Huybrechts I, et al. Comparison of nutritional quality of the vegan, vegetarian, semi-vegetarian, pesco-vegetarian and omnivorous diet. Nutrients 2014;6:1318-32.
5. Elorinne A-L, Alfthan G, Erlund I, et al. Food and Nutrient Intake and Nutritional Status of Finnish Vegans and Non-Vegetarians. PLoS ONE 2016;11:e0148235.
6. Sieri S, Agnoli C, Baroni L, et al. Diete vegetariane: documento SINU 2015